2015, performance. Spazio5. Trieste (I)
"...reading a text is never an erudite exercise in search of meanings, even less a highly textual exercise in search of a signifier, but a productive use of the machine, an assembly of desiring machines, a schizoid exercise that frees the text of its revolutionary power..." is how the Anti-Hypos repeats almost half a century after its epiphany in the bourgeois city, unaware or indifferent to the exhaustion of impulses, to the extension and the fury of performative protocols: reading - action, performance, Leistung- is thus, in spite of itself, part of the virtuous order of the spectacular circuit, to which it makes its energy available. Yet, even under siege, the text preserves its ability to do a job, even outside of any semantic-semiotic production, as long as it does not want to redeem its mortgage on the effect.
Even a scale -each simple scale- is a text, patiently written on a norm and referred to an archetypal gesture: climbing, climbing, reaching: it connects two levels, placing them implicitly in a hierarchical relationship, but in its temporariness it can subvert an order, betray expectations, redefine the functions of the place of departure and the place of arrival. With its shaky balance between spectacle and revolution, it is made available to those who personally take the risk of the interpretative game. Nothing new, just a note at the edge of the urban con-text, in the ubiquitous public space. It is dangerous to lean out.
“…leggere un testo non è mai un esercizio erudito alla ricerca dei significati, ancor meno un esercizio altamente testuale in ricerca di un significante, ma un uso produttivo della macchina, un montaggio di macchine desideranti, un esercizio schizoide che libera del testo la sua potenza rivoluzionaria…” così ripete l’Anti-Edipo a quasi mezzo secolo dalla sua epifania nella città borghese, ignaro o indifferente allo spossessamento delle pulsioni, all’estendersi e all’accanirsi dei protocolli performativi: la lettura -azione, performance, Leistung- rientra così suo malgrado nell’ordine virtuoso del circuito spettacolare, cui mette a disposizione la propria energia. Eppure, persino sotto assedio, il testo conserva inalterata la propria capacità di compiere un lavoro, anche al di fuori di ogni produzione semantica-semiotica, a patto di non voler riscattare la propria ipoteca sull’effetto.
Anche una scala -ogni semplice scala- è un testo, pazientemente scritto su una norma e riferito ad un gesto archetipico: salire, scalare, raggiungere: mette in comunicazione due piani, ponendoli implicitamente in una relazione gerarchica, ma nella sua temporaneità può sovvertire un ordine, tradire le aspettative, ridefinire le funzioni del luogo di partenza e del luogo d’arrivo.
Con il suo vacillante equilibrio tra spettacolo e rivoluzione essa si mette a disposizione di chi si assuma personalmente il rischio del gioco interpretativo. Nulla di nuovo, solo una nota a margine del con-testo urbano, nell’onnipresente spazio pubblico.
E’ pericoloso sporgersi.
Giulio Polita
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